Descrizione
Descrizione
Avvocato, giornalista, esponente del liberalismo moderato, consigliere comunale e assessore, presidente dell'Ateneo.
Di Giuseppe e di Amalia Guerra. Studiò legge nelle università di Roma e di Torino. Laureatosi, si perfezionò negli studi all'Ecole des Cartes di Parigi. Tornato a Brescia ed iniziata la carriera forense nello studio dell'avvocato Bonicelli, fu presto attratto dal giornalismo e incominciò a collaborare alla "Sentinella bresciana", per lo più con l'anagramma "Scudo", nella quale sostenne vivaci battaglie specie con la zanardelliana "Provincia di Brescia" e coadiuvando Giuseppe Borghetti nella direzione. Molto apprezzati i suoi articoli di fondo, gli spunti polemici sempre signorili e al contempo fermi e i suoi necrologi. Attraverso queste battaglie andò sempre più avvicinandosi ai cattolici, e specie a Giorgio Montini, con i quali strinse l'alleanza che portò, con la vittoria dei cattolici moderati del 1895, al defenestramento degli zanardelliani dal Consiglio Comunale di Brescia e da quello provinciale. In pratica fu il capo indiscusso dei liberali moderati bresciani e uno degli artefici dell'alleanza cattolico-moderata. Nel 1915, a 45 anni, il 27 maggio partiva per il fronte del Tonale arruolandosi volontario nel Battaglione alpino "Morbegno" nel quale prestò servizio per sei mesi come soldato semplice. Nel novembre veniva nominato sottotenente fino al luglio 1916 e fu tra le truppe operanti sul Tonale e sullo Stelvio. In tale mese venne chiamato come segretario dell'on. Bonicelli alla carica di sottosegretario di Stato per l'interno a fianco dell'on. Orlando. Nel 1919 riprese la direzione anche di fatto della "Sentinella bresciana" presentandosi come candidato nelle elezioni politiche. Sconfitto, andò sempre più orientandosi verso posizioni nazionaliste e filofasciste. Eletto nell'aprile 1921 nell'Unione Nazionale e rieletto nel 1924 nel Blocco nazionale, sostenne l'alleanza coi fascisti, anche in vivace polemica con i cattolici. Fu consigliere e assessore al Comune di Brescia. Continuò ad interessarsi della vita pubblica bresciana. Nel 1920 coadiuvò il commissariato del governo per gli alloggi e rappresentò il Consiglio provinciale nella giunta per la scuola media. Nel 1922 fu commissario della Pinacoteca Tosio-Martinengo. Nel 1924 era nel sindacato agricoltori e nel 1925 Commissario comunale per gli istituti storici, culturali e artistici. Nel 1923 aveva sposato Nina Marozzi, vedova del nob. Emanuele Barboglio. Per strascichi elettorali riguardanti le preferenze, sostenne il 28 aprile 1924 un duello con l'on. Augusto Turati col quale non si riconciliò. Dal fascismo andò staccandosi sempre più al tempo del delitto Matteotti e ancor più dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925. Subì da allora in poi sempre più violenti attacchi giornalistici, e subì anche un'aggressione nel centro di Brescia. Ma tenne fede al nuovo orientamento e alla fine del 1925 preferì sacrificare "La Sentinella bresciana" anziché cedere alla maggioranza degli azionisti orientati verso la fusione del giornale con "Il Popolo di Brescia". Durante il fascismo stette lontano dalla vita sociale, mantenendo salde amicizie con antifascisti. Il 25 luglio 1943 ebbe l'incarico di dirigere "Il Giornale di Brescia" sul quale scrisse articoli, molto seguiti fino all'8 settembre. Nel 1945 venne nominato commissario all'Ateneo e l'11 novembre lesse un discorso ricco di istanze di libertà. Dell'Ateneo divenne poi presidente. Nel 1946 entrò nella Consulta Nazionale. Partecipò anche alla vita del Partito Liberale bresciano, di cui presiedette nel maggio 1948 il 2° Congresso provinciale. Si interessò anche di problemi concreti come della ricostruzione di Ponte S. Marco semidistrutto dai bombardamenti. Suoi necrologi vennero raccolti nel 1925 sotto il patrocinio dell'Ateneo di Brescia nel volume "Ombre. Alcuni scritti per amici scomparsi. Presentazione e cenni biografici di Fausto Lechi" (Brescia, 1959, in 8.o p.130). Due articoli ed un discorso vennero raccolti dal Partito Liberale, Sezione di Brescia, nell'opuscolo intitolato "L'on. avv. Marziale Ducos 1868-1955" (s.d.).
Di Giuseppe e di Amalia Guerra. Studiò legge nelle università di Roma e di Torino. Laureatosi, si perfezionò negli studi all'Ecole des Cartes di Parigi. Tornato a Brescia ed iniziata la carriera forense nello studio dell'avvocato Bonicelli, fu presto attratto dal giornalismo e incominciò a collaborare alla "Sentinella bresciana", per lo più con l'anagramma "Scudo", nella quale sostenne vivaci battaglie specie con la zanardelliana "Provincia di Brescia" e coadiuvando Giuseppe Borghetti nella direzione. Molto apprezzati i suoi articoli di fondo, gli spunti polemici sempre signorili e al contempo fermi e i suoi necrologi. Attraverso queste battaglie andò sempre più avvicinandosi ai cattolici, e specie a Giorgio Montini, con i quali strinse l'alleanza che portò, con la vittoria dei cattolici moderati del 1895, al defenestramento degli zanardelliani dal Consiglio Comunale di Brescia e da quello provinciale. In pratica fu il capo indiscusso dei liberali moderati bresciani e uno degli artefici dell'alleanza cattolico-moderata. Nel 1915, a 45 anni, il 27 maggio partiva per il fronte del Tonale arruolandosi volontario nel Battaglione alpino "Morbegno" nel quale prestò servizio per sei mesi come soldato semplice. Nel novembre veniva nominato sottotenente fino al luglio 1916 e fu tra le truppe operanti sul Tonale e sullo Stelvio. In tale mese venne chiamato come segretario dell'on. Bonicelli alla carica di sottosegretario di Stato per l'interno a fianco dell'on. Orlando. Nel 1919 riprese la direzione anche di fatto della "Sentinella bresciana" presentandosi come candidato nelle elezioni politiche. Sconfitto, andò sempre più orientandosi verso posizioni nazionaliste e filofasciste. Eletto nell'aprile 1921 nell'Unione Nazionale e rieletto nel 1924 nel Blocco nazionale, sostenne l'alleanza coi fascisti, anche in vivace polemica con i cattolici. Fu consigliere e assessore al Comune di Brescia. Continuò ad interessarsi della vita pubblica bresciana. Nel 1920 coadiuvò il commissariato del governo per gli alloggi e rappresentò il Consiglio provinciale nella giunta per la scuola media. Nel 1922 fu commissario della Pinacoteca Tosio-Martinengo. Nel 1924 era nel sindacato agricoltori e nel 1925 Commissario comunale per gli istituti storici, culturali e artistici. Nel 1923 aveva sposato Nina Marozzi, vedova del nob. Emanuele Barboglio. Per strascichi elettorali riguardanti le preferenze, sostenne il 28 aprile 1924 un duello con l'on. Augusto Turati col quale non si riconciliò. Dal fascismo andò staccandosi sempre più al tempo del delitto Matteotti e ancor più dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925. Subì da allora in poi sempre più violenti attacchi giornalistici, e subì anche un'aggressione nel centro di Brescia. Ma tenne fede al nuovo orientamento e alla fine del 1925 preferì sacrificare "La Sentinella bresciana" anziché cedere alla maggioranza degli azionisti orientati verso la fusione del giornale con "Il Popolo di Brescia". Durante il fascismo stette lontano dalla vita sociale, mantenendo salde amicizie con antifascisti. Il 25 luglio 1943 ebbe l'incarico di dirigere "Il Giornale di Brescia" sul quale scrisse articoli, molto seguiti fino all'8 settembre. Nel 1945 venne nominato commissario all'Ateneo e l'11 novembre lesse un discorso ricco di istanze di libertà. Dell'Ateneo divenne poi presidente. Nel 1946 entrò nella Consulta Nazionale. Partecipò anche alla vita del Partito Liberale bresciano, di cui presiedette nel maggio 1948 il 2° Congresso provinciale. Si interessò anche di problemi concreti come della ricostruzione di Ponte S. Marco semidistrutto dai bombardamenti. Suoi necrologi vennero raccolti nel 1925 sotto il patrocinio dell'Ateneo di Brescia nel volume "Ombre. Alcuni scritti per amici scomparsi. Presentazione e cenni biografici di Fausto Lechi" (Brescia, 1959, in 8.o p.130). Due articoli ed un discorso vennero raccolti dal Partito Liberale, Sezione di Brescia, nell'opuscolo intitolato "L'on. avv. Marziale Ducos 1868-1955" (s.d.).